Il lavoro subordinato

Profili storici

Il libro V del Codice civile regola, dagli artt. 2094 in poi il rapporto di lavoro. L’unificazione del diritto civile con il diritto commerciale ha portato alla c.d. commercializzazione del diritto civile. Per quanto attiene al rapporto individuale di lavoro, il Codice vigente riafferma essenzialmente lo scambio tra retribuzione e prestazione intellettuale o manuale. Nello stesso libro V sono collocate al di fuori dell’impresa il lavoro autonomo o domestico, considerando il lavoro organizzato nell’impresa come modello normativo tipico del rapporto di lavoro.

Il Codice del 1865: la locazione delle opere

Nota che nella locazione delle opere erano compresi:

  • il lavoro subordinato = locatio operarum
  • il lavoro autonomo = locatio operis

L’art. 1570 definiva la locazione delle opere come: “contratto per cui una delle parti si obbliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede”. Questa definizione tralascia, quindi, la distinzione tra lavoro subordinato e autonomo. Si occupava soprattutto del lavoro autonomo (anche perché il subordinato doveva ancora svilupparsi con rilevanza nel contesto sociale dell’epoca). L’unica norma riferibile al lavoro subordinato era l’art. 1628, dove si disponeva che “nessuno può obbligare la propria opera all’altrui servizio che a tempo o per una determinata impresa”, con ciò vietando la schiavitù. La locatio operarum era lasciata all’autonomia della volontà privata.

Rischi del lavoro (ricordiamo i principi di diritto privato)

  1. Il primo rischio è quello incidente sull’utilità prodotta  dalla prestazione di lavoro (commodum obligationis): è l’alea (incertezza) che incide sul risultato produttivo. Il rischio, in poche parole, ricade sempre sul lavoratore autonomo (datore di lavoro o imprenditore), che si obbliga all’opus perfectum (lavoro finito), mai sul prestatore del lavoro subordinato, che si limita a sopportare soltanto il “periculum” della mancanza di lavoro.
  2. Il secondo è quello dell’impossibilità o mancanza del lavoro per caso fortuito o per forza maggiore (periculum obligationis): è l’alea incidente sulla perdita totale o parziale del corrispettivo. Il debitore è esonerato dall’obbligo di eseguire la prestazione divenuta impossibile, ma perde il diritto alla controprestazione.

Distinzione tra attività e risultato del lavoro; la subordinazione

  • L’attività del lavoro è l’oggetto → della locazione delle opere. → cioè del lavoro subordinato.
  • Il risultato del lavoro è l’oggetto → della locazione dell’opera. → cioè del lavoro autonomo.

Resta, tuttavia, una grave incertezza sotto il profilo oggettivo e funzionale. Si spiega così il successivo ricorso al criterio della subordinazione o dipendenza verso il conduttore, che, attraverso l’utilizzazione della categoria della locazione delle opere, fa maturare il distacco del contratto di lavoro subordinato dall’originario tronco comune.

La subordinazione come sottoposizione del lavoratore alla direzione ed al controllo del datore di lavoro nell’impresa

Il legislatore tende a far coincidere la figura del contratto di lavoro con la nozione di lavoro manuale salariato. In passato (legge del 1893) si demandava alla competenza dei Collegi dei Probiviri tutte le controversie relative al contratto tra industriali e operai. La subordinazione veniva individuata dal collegamento tra la prestazione e l’azienda industriale. Era assente, tuttavia, nel periodo, una definizione positiva della subordinazione: si definiva operaio “chiunque […] occupato nel lavoro fuori della propria abitazione”. Per la giurisprudenza, la subordinazione tendeva ad identificarsi con il comportamento dovuto dal lavoratore in attuazione della propria obbligazione, per tutto il tempo in cui è rimasto a disposizione dell’imprenditore.

La legge sull’impiego privato del ’24 e il Codice Civile del ‘42

La legge sul contratto di impiego (R.D.L. ’24, n° 1825) ha ravvisato nell’attività professionale e nell’esercizio di mansioni di collaborazione il connotato specifico della subordinazione dell’impiegato. Nel Codice Civile l’art. 2094 identifica la collaborazione con il risultato tecnico-funzionale reso dal lavoratore in cambio della retribuzione. L’elemento della collaborazione si può ritenere tutt’ora attuale.

La distinzione tra lavoro subordinato e autonomo

La definizione di lavoratore subordinato si ha in due modi:

  1. In positivo: l’art. 2094 definisce lavoratore subordinato “colui che si obbliga a collaborare all’impresa prestando il proprio lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. Troviamo una dipendenza o sottoposizione del debitore al potere del creditore del lavoro.
  2. In negativo: l’art. 2222 che rileva l’assenza della subordinazione, nel rapporto di lavoro autonomo.

Il lavoro come obbligazione di facere è comune a tutti i tipi di lavoro, ma è diverso l’oggetto della prestazione:

  • nei contratti d’opera è finalizzato al compimento dell’attività da parte del lavoratore
  • nel lavoro subordinato il facere è finalizzato alla collaborazione

Esempio: un sarto artigiano al quale venga commissionato un abito è autonomo, un altro che si obblighi a lavorare per una sartoria è subordinato.

I contratti di lavoro autonomo; il contratto d’opera

La finalizzazione al risultato dell’opera finita (opus perfectum) è il connotato tipico che contraddistingue la categoria dei contratti di lavoro autonomo. Essa comprende:

  1. l’appalto
  2. il trasporto
  3. il deposito
  4. il mandato (cioè la gestione di affari nell’altrui interesse)

Vale la pena aggiungere che il committente (il cliente dell’impresa che richiede il lavoro) può stabilire le condizioni entro il quale il prestatore è tenuto a conformarsi, pensa il recesso per giusta causa ed il diritto al risarcimento del danno. Il lavoratore autonomo può essere vincolato alla direzione ma non può essere alle dipendenze del committente.

La causa (ricordiamo i principi di diritto privato)

È un elemento essenziale del contratto che, richiesto a pena di nullità, ne individua la funzione economica, quindi l’interesse meritevole di tutela. Nel contratto di lavoro subordinato è lo scambio tra le obbligazioni del prestatore e del datore (collaborazione e retribuzione). La subordinazione, invece, è l’effetto giuridico del contratto. L’elemento oggettivo è rappresentato, quindi, non dalla subordinazione ma dalla collaborazione perché è la collaborazione che si identifica con lo scopo.

La continuità è un aspetto essenziale della collaborazione

Intesa come disponibilità al coordinamento della prestazione nel tempo, la continuità qualifica la subordinazione come dipendenza dal controllo dell’imprenditore: trattasi dell’eterodirezione. La durata attiene alla programmazione della causa del contratto e si deve intendere come disponibilità funzionale all’impresa altrui. Il prestatore resta obbligato, persino, durante le pause interruttive, quali le ferie.

Collaborazione e subordinazione nella giurisprudenza

Secondo la giurisprudenza la subordinazione si concretizza nell’eterodirezione. Come elementi costitutivi del lavoro subordinato la giurisprudenza è solita indicare 4 requisiti:

  1. onerosità
  2. collaborazione
  3. continuità
  4. subordinazione

Aggiunge altresì alcuni elementi non esplicitati dal legislatore:

  • l’oggetto (identificato non con li risultato ma con le energie messe a disposizione del datore di lavoro)
  • la collaborazione (stavolta intesa come inserimento nell’impresa)
  • la disponibilità funzionale (che specifica meglio il requisito della continuità)
  • l’incidenza del rischio sul datore di lavoro

Tutti questi criteri non sono ancora, tuttavia, sufficienti e vengono integrati da una serie di c.d. indici empirici: si tratta di criteri indiziari da analizzare nelle singole fattispecie, cioè di caso in caso. La Cassazione sottolinea come possano diventare poco significativi a seguito dell’evolversi dei sistemi di organizzazione del lavoro (si pensi alle tecnologie, internet etc.).

Critica alla teoria della subordinazione come soggezione socio-economica

Non vi è coincidenza tra subordinazione e condizione di alienazione rispetto alla proprietà o controllo dei mezzi di produzione. Se si può ammettere che la posizione d’inferiorità economica del lavoratore ne condizioni l’autonomia contrattuale, tale effetto non è sempre generatore di disuguaglianza sostanziale, in quanto non è omogeneamente distribuito all’interno della classe dei lavoratori. La ratio (la motivazione) dell’art. 2222, infatti (come già esplicitato), ravvisa nel lavoro prestato senza vincolo di subordinazione l’elemento tipico del rapporto di lavoro autonomo.

Il comportamento prevale sulla c.d. volontà cartolare dell’accordo

Si può concludere che la collaborazione del prestatore nell’impresa qualifica la subordinazione. Essa funge anche come criterio per l’individuazione della causa. Per qualificare il rapporto di lavoro come subordinato oppure autonomo, occorre, però, verificare il requisito della continuità: si perviene, così, ad una qualificazione dalla rilevazione del comportamento di fatto delle parti, nella fase di attuazione. Quanto scritto sul contratto (volontà cartolare) non ha valore determinante rispetto al contenuto effettivo del rapporto. Si può parlare della subordinazione come modello o tipo sociale.

La parasubordinazione (CO.CO.CO)

Si può convenire che l’inserzione del prestatore nell’organizzazione aziendale sia un sicuro indice di collaborazione (ad es.: osservanza degli orari di lavoro), ma non che abbia valore assoluto: l’inserzione si può avere anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa anche nel lavoro autonomo: si tratta di un elemento di atipicità riconosciuta all’autonomia delle parti nei contratti. Il legislatore, infatti, nel 1973, ha riconosciuto l’inserzione come elemento tipico ma non esclusivo della subordinazione. Nel contratto di lavoro coordinato ma non subordinato viene soddisfatto un interesse dell’imprenditore. Questo interesse:

  • è continuativo sul piano della ripetizione nel tempo delle singole prestazioni di risultato
  • è discontinuo sul piano della disponibilità del lavoratore: si dice che il lavoratore non è vincolato a tenersi a disposizione del committente (ovvero dopo una prestazione può cambiare datore)

Questo contratto permette all’impresa maggiore flessibilità.

Gli effetti del rapporto di lavoro subordinato

Locatio operis e operarum hanno regolamentazione molto differenziata. Lo Statuto protettivo del lavoratore subordinato tende alla tutela di molti interessi (per questo è spesso conveniente essere subordinati). Da questa tutela discendono due tipi di effetti:

  1. Effetti diretti: incidono sul contenuto del rapporto (es.: retribuzione equa, ferie, TFR, diritti sindacali)
  2. Effetti indiretti: incidono sui presupposti e sulle conseguenze della stipulazione del contratto di lavoro (ha rilevanza previdenziale, amministrativa e penale)

Il sistema previdenziale

La costituzione obbligatoria del rapporto di previdenza sociale intercorre tra datore, lavoratore ed enti previdenziali. In passato, con il codice civile del 1865, esisteva il rischio professionale dell’imprenditore nei confronti dei terzi per il fatto dei dipendenti, con o senza colpa. Poi è stata introdotta l’assicurazione obbligatoria. Essa è demandata dall’art. 2114 c.c. alle leggi speciali. Esistono, tuttavia, alcuni scostamenti. Tra essi vi è il principio dell’automaticità delle prestazioni (art. 2116), in virtù del quale le prestazioni sono dovute indipendentemente dal concreto versamento dei contributi. Un’eccezione si ha per le pensioni di vecchiaia: qualora, a causa del mancato versamento del datore, il lavoratore non consegua il diritto alla pensione, egli ha diritto al risarcimento del danno da parte del datore di lavoro. L’inattività: vista la situazione di bisogno, il lavoratore è indennizzato nei periodi d’involontaria e temporanea inattività per una parte della retribuzione, oppure per la retribuzione intera se l’inattività ha carattere definitivo.

La tendenza espansiva del diritto

Il sistema delle pensioni di anzianità è stato sottoposto a riforma con la legge n°335 del 1995. Al sistema retributivo (calcolo sui contributi versati negli ultimi 5/10 anni di lavoro) si è sostituito il sistema contributivo, simile a quello assicurativo (calcolo sull’ammontare dei contributi versati nel corso della vita lavorativa). Il nuovo sistema, comunque, è sempre ispirato dalla solidarietà sociale; proprio per questo si ha la natura espansiva del diritto del lavoro, che attribuisce un trattamento previdenziale anche a lavoratori autonomi ed ai piccoli imprenditori (cioè ai non subordinati). Tuttavia, soltanto nel lavoro subordinato si ha la traslazione del rischio sociale dal prestatore al datore ed il rapporto previdenziale si configura quale effetto diretto del contratto.

Il lavoro gratuito e volontario

Il sinallagma (nesso di corrispettività) conferisce, al contratto di lavoro, carattere oneroso per prestazioni corrispettive. La giurisprudenza ha più volte affermato che il contratto di lavoro gratuito è lecito ma innominato: non si tratta del contratto previsto all’art. 2094, ma di un contratto con causa diversa (es.: sindacati si avvalgono di prestazioni gratuite). Il volontariato è disciplinato dalla legge quadro del ’91 n° 266, con la quale se ne riconosce il valore sociale, disponendo agevolazioni fiscali ed incentivi per le organizzazioni iscritte nei registri delle Regioni. Esse possono assumere esclusivamente nei limiti necessari al loro funzionamento (es.: psicologo in una comunità).

Il lavoro familiare e l’impresa familiare prevista dall’art. 230 bis c.c.

Con la riforma del diritto di famiglia si è ormai superato il concetto di gratuità del lavoro familiare: “il lavoro prestato in modo continuativo nell’ambito della famiglia o dell’impresa famigliare” è un rapporto di tipo associativo “salvo che sia configurabile diversamente”. All’attività di lavoro familiare corrisponde:

  1. il diritto al mantenimento
  2. la partecipazione agli utili dell’impresa in proporzione al lavoro prestato
  3. l’equivalenza uomo-donna
  4. diritto di partecipazione alle decisioni
  5. diritto alla liquidazione alla cessazione
  6. diritto di prelazione sull’alienazione dell’azienda

I rapporti associativi

Simili rapporti non sono riconducibili alla subordinazione, in quanto l’elemento causale non è determinato dallo scambio tra prestazione e retribuzione, ma da tre fattori:

  1. esercizio comune di un’attività economica
  2. comune assunzione del rischio d’impresa
  3. comune scopo di lucro

L’art. 2263 stabilisce che per il socio d’opera la ripartizione dei guadagni è decisa secondo equità dal giudice.

Secondo lo schema dell’associazione in partecipazione, la gestione dell’impresa (o dell’affare) spetta all’associante, mentre l’associato partecipa agli utili, con o senza vincolo di subordinazione, avendo anche diritto al resoconto (l’interesse è comune ad associato ed associante). Abbiamo infine gli amministratori di società (“gruppo D” di economia e gestione delle imprese), che possono o meno essere dei soci, ma sempre titolari di un rapporto organico con la società e la cui posizione può coesistere con un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società stessa.

Le cooperative (cooperative di produzione e lavoro, cooperative sociali, rapporti associativi in agricoltura)

La prestazione di lavoro viene svolta nell’ambito di società cooperative costituite allo scopo di svolgere un’attività economica organizzata per il mercato, mediante la partecipazione di soci delle cooperative di produzione e lavoro. Essi sono:

  1. titolari del diritto alle prestazioni mutualistiche (ricerca e ripartizione delle occasioni di lavoro)
  2. titolari del diritto di ripartizione degli utili
  3. titolari del rischio d’impresa
  4. obbligati alla prestazione in adempimento del patto sociale per l’attuazione dello scopo mutualistico

In particolare, la nuova legge investe il socio lavoratore della titolarità di due diritti:

  1. associativo
  2. di lavoro

Secondo la legge 142 del 2001, il socio mette a disposizione la propria capacità professionale “anche in relazione allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili”. Il rapporto di lavoro, ulteriore e distinto da quello associativo, può essere apportato in qualsiasi forma. Sulla scia della legge quadro sul volontariato, la legge del 1991 prevede le cooperative sociali, il cui scopo, come la legge stessa cita, è “la promozione e l’integrazione sociale dei cittadini” (es.: tossici, invalidi, etc.). I rapporti associativi in agricoltura presentano, invece, un valore ormai quasi esclusivamente storico, in quanto sono stati sostituiti nella pratica, e nella legislazione stessa, dall’affitto di fondi rustici. Con le leggi del ’64 e dell’82 sono scomparsi la colonìa parziaria, la soccida e la mezzadria.